lunedì 1 agosto 2016

La meraviglia della vita è per tutti



Non potevano esserci parole più belle per ricordare Sandra Bongiolatti. Queste sono le riflessioni di Marina, la nostra amica-infermiera-referente in Malawi:

"Dopo 20 giorni della durata di un anno intero per intensità di emozioni e di vissuti rientro in Malawi con al collo un...ciondolo in più... : accanto al simbolo della pace e alla piccola Africa di legno c'e' ora il tau di Sandra ; ultima lettera dell'alfabeto ebraico, nonché segno distintivo di riconoscimento dell'appartenenza alla spiritualità francescana, il tau ha sempre accompagnato Sandra da quando l'ho conosciuta e cioè da almeno una ventina d'anni ; ora me lo ritrovo al collo e di tanto in tanto lo stringo tra le mani come se, cosi' facendo, i miei ricordi di Sandra diventassero più vivi e vicini... Non so descrivere le giornate appena trascorse allo Shelter accanto a Sandra allettata e senza più coscienza, alla sorella arrivata apposta dall'Italia, ai bambini chiassosi al pianterreno e in un silenzio interrogativo accanto al letto di Sandra e ad un andirivieni ininterrotto di gente di ogni nazionalità che, per diversi motivi residente in India, ha lasciato entrare lo Shelter nelle loro vite...
Importante ed indimenticabile la condivisione con Claudia, sorella  di Sandra e Maggie e Francis, la coppia indiana che ha saputo circondare di attenzioni ed affetto non solo Sandra ma anche Claudia e me... ; amorevole ed efficiente l'assistenza di cui Sandra ha potuto beneficiare sino al suo ultimo respiro e costanti le preghiere a lei dedicate da parte di tanti amici, conoscenti, gruppi e comunità religiose : tutto ciò che si poteva sperate per un buon accompagnamento di fine vita c'e' stato...eppure rimangono il dispiacere e l'amaro in bocca per una condizione di malattia che Sandra non e' mai riuscita ad accettare e per la paura e l'angoscia che hanno accompagnato Sandra in questi suoi ultimi 3 anni, impegnandola a tempo pieno in una affannosa ricerca di ... mezzi per allungare la vita, spesso anche a discapito della necessaria attenzione da dedicare alla QUALITÀ della vita stessa.
Ora con il blu del cielo sopra la testa e la terra rossa che penetra  in ogni poro della pelle, sono tornata "full immersion" alla routine di persone malate e disabili bisognose di assistenza dei villaggi del Malawi, senza molto spazio per "lasciar decantare" quei 20 giorni cosi' indelebilmente stampati nella mente e nel cuore.
Come pensavo mancano all'appello alcune delle persone che avevo salutato prima della mia partenza per l'India : 9 quelle che ci hanno lasciato in questo mese di luglio e dai famigliari di alcune di loro sono andata in segno di condivisione e partecipazione al lutto... ; riconoscenti e dignitosi nel loro dolore mi raccontano come siano stati gli ultimi momenti di vita dei loro cari e prima di congedarci non mancano di invitare me ed Emmanuel a proseguire con altre persone la medesima assistenza che era stata riservata ai loro congiunti : non le "sento" frasi retoriche o di circostanza e per questo mi commuovono...
E, come a voler seguire alla lettera le loro indicazioni, Emmanuel ed io ci ritroviamo nella capanna di Elisa, trent'anni,  4 figli ed un carcinoma esofageo in stadio avanzato : inutili le farine proteiche da sciogliere in acqua, ennesimo dono di Sandra... Niente, nemmeno l'acqua appunto, riesce ormai a farsi strada lungo l'esofago di Elisa.
Come sempre mi accade nel buio delle capanne, fatico, guardando il corpo di Elisa, a riconoscere dove siano la testa e dove i piedi : nessuna voce in risposta al mio saluto e alle mie domande mi da una mano per capire dove dirigere lo sguardo. I famigliari sopraggiunti dopo pochi istanti con una torcia dalle batterie  quasi completamente scariche, portano poca luce su uno scheletro ricoperto di pelle avvolto in una coperta, sicuramente piu' pesante delle ossa che va a coprire... Sono loro a spiegarmi che da 5 giorni Elisa non e' piu' in grado di deglutire nulla e che dall'ospedale di Mangochi e' stata dimessa con la sola indicazione di recarsi nel piu' vicino centro di salute per ricevere dei liquidi in vena ; purtroppo a Namwera non si e' riusciti a reperire alcun accesso venoso e cosi' Elisa si limita a respirare aspettando che...arrivi l'ultimo respiro... ; miracolosamente non c'e' nessuna ulcera da decubito su quel corpicino minuto e forse per questo o forse per il rifiuto di stare a guardare una morte per fame e disidratazione provo, in realta' con ben poca speranza, a cercare una vena ; chiedo ad Emmanuel di fare luce col suo cellulare e senza alcuna pretesa ed armata di pazienza mi siedo accanto ad Elisa, picchiettando qua e la mani ed avambracci sotto lo sguardo attento di Alinafe, 4 anni, la piu' piccola dei figli di Elisa, alla quale spiego sorridendo quello che sto facendo. Alinafe rimane in silenzio ma non abbandona la sua postazione...e non mi perde di vista un solo istante... : al secondo tentativo la vena viene incannulata e, avendo a disposizione solo una fisiologica da 250 ml., corro al vicino orfanotrofio di Namwera per chiedere in prestito delle glucosate; quando acqua e zucchero entrano in circolo Elisa torna a "brillare di luce propria", contempla con gli occhi finalmente spalancati la sua Alinafe e con una voce che credevo non avesse piu' mi chiede un analgesico che calmi il suo dolore toracico.
Da una settimana sto andando da Elisa 2 volte al giorno e la serenita' che provo ad ogni visita e' qualcosa che non so spiegare. Qualche giorno fa le ho chiesto se le avrebbe fatto piacere la visita domiciliare di un imam cosi' che anche lo spirito e non solo il corpo ricevesse un po' di nutrimento e a rispondermi e' stato il suo sorriso prima ancora delle sue parole.
Elisa ha imparato a ricevere quello che la vita riserva...senza coltivare rancore e tristezza : il quotidiano di stenti e fatiche, la povertà, la fame e, ora, la malattia abitano i suoi ricordi come pure il suo presente senza tuttavia che siano lamentele e tensioni a fare da padroni ma, al contrario, lasciando che siano la meraviglia, la gratitudine, l'entusiasmo e la fiducia nella vita a tenerle compagnia sino all'ultimo dei suoi giorni.
Se e' vero che stando con lo zoppo si impara a zoppicare
... e' qui che voglio stare... qui dove ogni giorno imparo che ogni crepa, fessura o breccia e' un lasciapassare di luce, sempre..."

martedì 19 maggio 2015

E' tempo di raccolti



Rieccomi con carta e penna a raccogliere idee e pensieri dopo una settimana di Malawi...
Ieri alla riunione del gruppo, il direttore nel darmi il benvenuto/bentornato, a nome di tutti I membri, ha detto: " Marina e' partita per l'Italia il 13/01 ed e' tornata a casa l'08/05 si, perche' l'Italia e' il posto da cui proviene ma il Malawi e' casa sua".
Mi hanno fatto sorridere ed emozionare queste parole, forse perche' le sento piuttosto vere...
Diventa sempre piu' una "lotta interiore" conciliare una responsabilita' naturale di affetto e dedizione ai genitori con quella altrettanto forte verso luoghi e persone distanti per geografia e cultura dal mondo in cui siamo abituati a muoverci...
Sta di fatto che sono tornata a Namwera e mi sto godendo I piccoli piaceri quotidiani che mi sono mancati in Italia... : le giornate che iniziano e terminano seguendo non le lancette dell' orologio ma semplicemente la luce del sole..., una routine di suoni fatta di risate e urla di bambini, vociare allegro di donne, cinguettio di intonati uccellini e starnazzare di pollame  vario..., di tanto in tanto la campana della chiesa e la preghiera dello scehe' musulmano delineano contorni o mettono cornici a questo quadro che sembra altrimenti senza tempo e senza spazio e costruiscono ponti fra terra e cielo richiamando la gente alla preghiera, una preghiera che qui' prima di essere di richiesta o supplica e' di riconoscenza e gratitudine per cio' che gratuitamente abbiamo ricevuto.
E' tempo di raccolto, la gente e' impegnata nei campi per raccogliere il mais seminato durante I mesi di pioggia, mais che in questo paese decide del futuro e della vita di tante famiglie che non possono contare su nessun altro reddito per sopravvivere.
A differenza di altre zone del Malawi purtroppo severamente penalizzate dalle violente alluvioni dei mesi scorsi, qui a Namwera gran parte dei campi ha dato buoni raccolti e anche la coltivazione di soya portata avanti dal gruppo e' stata proficua, tanto da incoraggiare gli stessi membri a riservare ai piu'  bisognosi e malati dei villaggi quantita' di soya maggiori rispetto a quelle concordate durante la stesura di tale progetto.
Prima di ributtarmi subito nelle visite ai malati dei villaggi mi prendo del tempo per osservare come il gruppo stia lavorando e questa volta a differenza del passato non posso non complimentarmi con l'esecutivo del gruppo per aver saputo instaurare un clima di sereno accordo che ha consentito di raggiungere una certa unita' e quindi di condurre e coordinare al meglio le varie attivita' di assistenza, educazione e lavoro agricolo. Senza sorprese ritrovo il martedi' un pick up stracolmo di malati oncologici diretti all'ospedale distrettuale di Mangochi per ricevere gli analgesici che le cure palliative locali dispongono, con tenerezza riprendo a scrivere sui malconci libretti sanitari della gente dei villaggi ed in particolare degli anziani, I quali li custodiscono quasi come reliquie in sacchetti di plastica che una volta contenevano lo zucchero e che ora cercano di proteggere preziose prescrizioni farmacologiche dalla voracita' dei topi che infestano le capanne. A dire il vero  con mio grande dispiacere ho trovato una abbondanza di topi anche nella hall/ufficio del gruppo e non sono certo stata in silenzio : come al solito, davanti ai topi che corrono in giro, ho dato un po' di spettacolo urlando, scappando e facendo ridere la folla in attesa di ricevere medicinali da una "msungu" (bianca) che ancora non ha imparato a controllare le proprie fobie...
Mercoledi' a Blantyre : ho riassaporato il piacere di essere spettatore dell'alba e del via vai di tanta gente gia' in piena attivita' e gia' sorridente a dispetto dell'ora...
Gli acquisti cittadini sono farmaci, sedie a rotelle, stampelle, deambulatori  materassi, alcuni per la fisioterapia e altri per casi particolari individuati a domicilio, ed un armadio in ferro per la hall visto che quello in legno  e' piuttosto...devastato e ormai divenuto dimora per I topi.
Giovedi' la riunione dell'esecutivo e' partecipata ma, come sempre succede, gli argomenti da discutere sono tanti, troppi e vengono per lo piu' rimandati al prossimo incontro, vista la priorita' della giornata di stabilire l'agenda della riunione del gruppo di sabato.
Venerdi' finalmente mi dedico ai villaggi ed e' come se non me ne fossi mai andata... A farmi risedere sul pick up con il cuore e la pancia sottosopra, gli occhi umidi ed il prurito al naso e' la piccola Veronica, 5 anni e un tumore al cervello. Non so se a sconvolgermi di piu' e' la compostezza di questa bimba che fino ad un mese fa aveva una vita pressoche' normale e ora non vede, parla a fatica, non cammina e non sa piu' nemmeno stare seduta, o la spropositata naturalezza dei suoi giovani genitori che mi raccontano con semplicita' disarmante ed inspiegabile calma I giorni trascorsi all'ospedale cittadino di Blantyre dove medici esperti ed "asungu" avevano rimosso l'acqua dalla testa della loro bambina e li avevano poi informati della presenza, nel cervello di Veronica, di una massa tumorale causa di tutti I suoi problemi. Dimessa su richiesta della madre, Veronica e' destinata alle cure palliative che offre il piu' vicino ospedale di Mangochi ( ad un'ora di macchina dal villaggio).
Leggo quanto e' stato scritto sul libretto sanitario e il lieve sorriso della madre si spegne quando le chiedo il perche' abbia voluto fare ritorno a casa cosi' presto pur essendo stata consigliata da tutta l'equipe medica di proseguire per un altro po' la degenza ospedaliera. Abbassa lo sguardo la madre di Veronica, e non risponde... Non insisto...la interrogo invece sulla terapia da somministrare alla figlia e noto che, fortunatamente, risponde con prontezza. Ci ridiamo appuntamento per il giorno seguente ma la separazione e' solo fisica...il pensiero rimane in quella capanna, su quella stuoia...
Uno dei materassi appena acquistati a Blantyre e' per Patuma, una ragazza di quasi 20 anni, idrocefalo dalla nascita e dalla nascita sdraiata su una stuoia in una capanna buia dove oggi giace accanto ad una montagna di pannocchie appena raccolte. Rimango incantata non tanto dalla sua testa enorme quanto dal suo sorriso capace di nascondere la sua evidente anormalita'.
Patuma vede, sente, parla e sorride...ma sta sempre e solo sdraiata a terra, senza nemmeno ritrarsi al passaggio sul suo corpo di pulcini, galline e pollame vario che con lei condivide la stuoia...
Ci saluta appena entriamo ( sono accompagnata da Emmanuel e da uno dei volontari del gruppo).
Inutile chiedersi come sia potuta vivere tanti anni in tali condizioni, inutile domandarsi come sia possibile che mai abbia visto un medico : le domande spesso senza risposta paralizzano e possono diventare alibi al disimpegno e non voglio cadere in questa tentazione. Patuma ha una madre che per guadagnarsi da vivere lavora dal mattino alla sera in qualche piantagione, un padre che avendo abbandonato la moglie si e' dimenticato di averci fatto una figlia e cosi' a Patuma non rimane che trascorrere le sue giornate con gli animali che abitano la sua capanna e con la nonna, una donnina di non piu' di 30 kg. di peso vestiti inclusi, dall'eta' indecifrabile e dalla mente non piu' brillante.
Una bianca con un materasso nuovo di pacca non impiega molto a rendere la capanna luogo affollato...e tra la folla scelgo, per parlarci, una ragazza che mi pare la piu' sveglia...Pur non entrando nei dettagli circa il suo grado di parentela con Patuma, confido nella cosiddetta famiglia allargata tipica dei villaggi africani e mi accordo con lei per cercare una collaborazione con I famigliari di Patuma al fine di rendere meno disagiata la sua vita gia' abbastanza tribolata. Se I famigliari saranno in grado di prendersi cura di Patuma soprattutto in termini di igiene personale e dell'ambiente garantendone per esempio l'igiene quotidiana e provvedendo spazi differenti e separati per gli animali io prometto di aiutarla con supporti alimentari e di farla visitare da un medico che forse potrebbe indirizzarci all'acquisto di una carrozzina in grado di sostenere la testa di Patuma permettendole finalmente di cambiare posizione, uscire dalla capanna ed intrattenere  piu' rapporti sociali di cui peraltro Patuma sembra ghiotta...
Il mio discorso in chichewa viene tradotto in chiyao cosi' da essere sicuri che venga capito da tutti e la piu' raggiante e' proprio lei, Patuma, con la quale ci si da appuntamento per la settimana successiva per verificare l'adempimento delle "reciproche promesse".
Ringrazio il gruppo che mi ha accolta con canzoni di bentornata e rassicuro circa la salute dei miei genitori lasciati in Italia.
Oggi, come ogni domenica, una chiesa in festa danza e canta il suo GRAZIE alla vita : fra I tanti individui  che cantano, battono le mani e ondeggiano il corpo seguendo il ritmo della musica c'e' David, padre della piccola Veronica : lo guardo e scappa una lacrima silenziosa che subito si dilegua nel vivace ritmo dei cori e delle danze...
ZIKOMO MALAWI

giovedì 18 dicembre 2014

Buon Natale

Pensando al natale ormai alle porte ricordo le parole di don Tonino Bello: " Buon natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza".
Qui in Malawi la speranza, come il sole, nasce ogni giorno...
Con la luce dell'aurora infatti questa piccola fetta di terra africana e' gia' in fermento... : strade, sentieri e campi si popolano di gente armata di zappe, secchi e catini colorati, chi in fila per prendere l'acqua al pozzo, chi in fila al mulino per far macinare il grano. I bambini che non zappano sono gia' occupati a saltare con una corda fatta di sacchetti di plastica legati l'uno all'altro; sia i grandi che i piccoli masticano soddisfatti manghi profumati e succosi che in questo periodo sono la loro colazione, il loro pranzo e la loro cena.
La preoccupazione per la pioggia che non arriva sembra non riguardare il popolo dell'alba... Questo Malawi fra le quattro e le cinque del mattino e' pieno di vita e di coraggio, pronto ad affrontare la giornata che lo attende e i canti, le chiacchiere e le risate che riempiono gli spazi stanno a testimoniare la gioia del risveglio...
E' in queste preziose ore del mattino che si respira la speranza e che ci si sente "popolo in cammino..."
Quando i colori del cielo e della terra diventano a dir poco accecanti e la luce ed il caldo del sole strappano le forze cominciano gli incontri...
Saituna Kazembe e' distesa a terra sopra una stuoia, sta vomitando e al mio ingresso nella capanna si affretta a ricoprire con la terra cio' che il suo stomaco non riesce piu' a trattenere. Guardandola penso a come qui la terra sia tutto : terra e' mais e vita, terra e' casa e giaciglio, terra e' gioco dei bambini, terra e' cio' che accoglie i corpi senza piu' vita. Dalla terra si nasce e alla terra si ritorna...
Accanto a Saituna il marito e i tre figli, la mamma e la sorella. Saituna ha un tumore all'utero in stadio avanzato, e' stata da poco trasfusa ma le sclere tornate bianchissime e la debolezza e la fatica del respiro e dei movimenti chiedono altro sangue che purtroppo non e' disponibile. In Malawi e' un grosso problema trovare donatori dal momento che la maggior parte della popolazione e' fatta di persone sieropositive, donne gravide e bambini ed inoltre Saituna ha la sfortuna di una diagnosi infausta che non permette il lusso di un ulteriore trasfusione anche qualora si trovasse del sangue.
Il mio primo incontro con lei risale a qualche mese fa, quando la rabbia per la malattia diagnosticata dominava sui severi dolori e sulle emorragie. C'era rabbia ed orgoglio in quella ragazza di cui non conoscevo ancora nulla... : quasi irritata dalla mia presenza, era infastidita dalle mie domande che volevano accertarsi avesse capito le modalita' di assunzione delle terapie. Saituna in quel primo incontro non era pronta ad ascoltare di piu'... Cosi' che le spiegazioni circa quanto stesse accadendo al suo corpo e alla sua vita sono arrivate piu' tardi, in risposta alle domande da lei stessa poste...
Dopo il superamento di questa fase critica che le impediva ogni tipo di autonomia Saituna aveva ripreso le forze ed era tornata a camminare e a svolgere piccoli compiti e lavori domestici tanto che riusciva ad arrivare lei stessa da me per prendere le terapie; con il ritorno delle forze era tornata anche la speranza finche', la scorsa settimana, e' stato il marito a farmi visita e a chiedermi di tornare da Saituna... : le pratico un'iniezione per alleviare il vomito, le aggiungo pastiglie di ferro ed antalgiche e affido alla mamma e alla sorella due sacchetti di plastica contenenti sapone, vaselina, olio, sale, zucchero, latte, riso,  farina di arachidi e soya. Mentre mi racconta del marito, tornato apposta dalle piantagioni dove stava lavorando, per starle accanto e dei suoi tre bambini la guardo e mi accorgo subito di avere davanti a me una Saituna nuova... : consapevole ma serena chiede alla piu' piccola delle bimbe di recitare ad alta voce le filastrocche e le canzoni imparate all'asilo e mi chiede di rimproverare il ragazzino piu' grande per il suo abbandono scolastico...e, mentre quella vocina che intona filastrocche mi riempie di emozione e commozione insieme, guardo quel "quadretto familiare" quasi fosse un presepe...
Saituna ha capito, non fa piu' domande, non e' piu' arrabbiata e non ha piu' nessuna illusione, non sente piu' il dolore e la stanchezza ma si riempie di vita guardando i suoi bambini, ascoltando le loro voci e facendo loro le raccomandazioni tipiche di una mamma ; Saituna sa che la sua vita ora continuera' in quella dei suoi figli...
L'abbraccio, faccio due battute con le quali scatta una risata comune e prometto ai bambini di tornare con quaderni, penne e matite colorate e caramelle purche' tornino a frequentare la scuola e ad obbedire ai loro genitori.
Tambula Adini fa parte del folto gruppo di persone che ogni martedi' accompagno all'ospedale di Mangochi a ricevere un'iniezione endovenosa di vincristina nella speranza che il sarcoma di Kaposi rallenti il suo decorso e conceda qualche mese in piu' di vita a chi, come Adini, ci convive da un po'...
Adini, regolare come un orologio, ogni lunedì si fa trasportare per trenta chilometri da una bicicletta sino a Namwera dove dorme nella hall di Tiyende Pamodzi e l'indomani approfitta del pick up del gruppo per percorrere gli altri quaranta chilometri che lo separano dall'ospedale di Mangochi. A quelli che come lui arrivano a Namwera la sera prima, si offre la polenta ed un posto per dormire ed e' cosi' che il pick up del martedi' si trasforma in una "grande famiglia..."
In questa grande famiglia Adini non ha un ruolo od una caratteristica particolari, e' discreto, silenzioso, non si lamenta mai di nulla e,cosa veramente rara da queste parti, non CHIEDE... , prende tutto come viene e, imperterrito, va avanti... Dal mese scorso pero' le sue condizioni sono notevolmente peggiorate e Adini a causa di una diarrea si e' dimezzato, asciugato... , non e' piu' in grado ne' di alzarsi ne' di stare seduto ; sono andata a trovarlo : la sua e' una capanna piccolissima fatta di una sola stanza, eppure in quel buco di terra buio Adini vive con moglie e figli ; la moglie, giovane quanto lui, non lo ha abbandonato come spesso succede quando le condizioni diventano particolarmente compromesse, continua a prendersene cura ; affido e spiego a lei i farmaci da somministrare e le lascio delle scorte di alimenti e sapone. Adini che pareva assente, ringrazia e mi saluta ricordandomi che il prossimo 16 dicembre ha il suo appuntamento a Mangochi per la vincristina : gli dico di non preoccuparsi e che, a seconda di come stara', decideremo insieme il da farsi.
Mentre risalgo in macchina penso alla moglie di Adini che lo assiste notte e giorno in quella minuscola dimora che, occupata interamente dal corpo del marito, non concede alcuna "via di fuga..." ; per lei nessun momento di sollievo, la vita e' Adini, la casa e' Adini e non e' contemplata neppure per un giorno la possibilita' di pensare ad altro... , non puo' andare in un'altra stanza per...cambiare aria o stare con i suoi bambini o semplicemente dormire... Le discussioni d'equipe dell'hospice dove lavoravo in Italia che sottolineavano l'importanza di prendersi cura e dare sollievo al famigliare oltre che al malato sono distanti... troppo distanti...
Mai Mbenjere e' una delle volontarie piu' anziane del gruppo ed e' una vera e propria forza della natura : piccola e minuta, pesera' si e no trenta chili con la montagna di vestiti che e' solita indossare uno sopra l'altro, non sa leggere e scrivere come la maggior parte della gente di qui ma e' di certo una grande lavoratrice e sa darsi da fare per i malati dei suoi villaggi.
Le distanze non la spaventano, i suoi piedi percorrono chilometri con la pioggia e con il sole... E' estremamente orgogliosa e soddisfatta di quello che fa e, pur non percependo stipendio, si sente realizzata e contenta tanto che ha persino trovato l'energia per costruire da sola una capanna di fango per accogliere i malati e gli eventuali operatori sanitari disposti a visitarli ; e' proprio nella sua "capanna-ambulatorio" che, lo scorso giovedi', ho fatto arrivare un medico dell'ospedale di Mangochi perche' visitasse i tanti bambini disabili della zona. L'iniziativa e' stata un successo : mai Mbenjere al culmine della gioia per essere diventata "collaboratrice" dell'ospedale governativo  e tante, tantissime famiglie toccate da disabilita'  finalmente degnate di attenzione e cura ; sono stati insegnati loro semplici movimenti e posture grazie ai quali i loro bambini saranno in grado di sviluppare piccoli ma importanti miglioramenti per una piu' decente quotidianita'... : semi di speranza fioriscono e si moltiplicano... Patuma, la mamma di Doreen, e' uno di questi semi... : dopo aver trascorso, lo scorso anno, quindici giorni in un centro di riabilitazione di Blantyre, dove le sono stati insegnati gli esercizi di fisioterapia da far fare alla sua bimba perche' impari, con appositi supporti, a stare seduta ed in posizione eretta, ha deciso di dedicare parte del suo tempo, in modo regolare e continuo, ad insegnare cio' che ha appreso ad altre mamme dei villaggi che non hanno avuto la sua stessa fortuna : ogni venerdi' pomeriggio Doreen, Juma, Dorothy, Shaban, Twaibu, Shakira, Samiatu si ritrovano insieme nel cortile antistante la capanna di Doreen e, distesi sui sacchi vuoti del mais, cominciano la "loro palestra" seguendo le indicazioni  che Patuma da ai rispettivi genitori. Io li guardo estasiata e, per l'ennesima volta, sento di essere nel posto giusto,il posto di cui ho bisogno...

"Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza". 
Buon natale!

lunedì 1 dicembre 2014

Mtima pa mwamba! (In alto i cuori!)



Non so esprimere a parole quanta vita sia trascorsa in quei 30 minuti in cui sono stata spettatrice incantata di abbracci autentici ed infiniti che hanno fatto di Barbara, Alessandro ed Aghi una cosa sola. In pochi istanti 1000 immagini sono passate davanti a me una dietro l'altra come in un film : tante fatiche, tante lacrime, tanti soldi, tante attese, tante preghiere, tanti ricordi e oggi 14/11/2014, tutto sembra acquistare un senso ed un valore che superano di gran lunga le difficoltà e i disagi incontrati...
La storia della piccola Agness mi aiuterà a guardare avanti con fiducia ricordando che c'e' un disegno molto piùgrande di quello riguardante le nostre vite personali, un disegno di cui spesso non riusciamo a capire la trama ma che a tempo debito acquista significato e ci consente di guardare più in la del nostro naso per scoprire più larghi orizzonti e respirare un po' d'infinito...
Cosi' e' stato con Agness... : una piccola orfana del Malawi che, oltre ad aver perso la madre poco dopo la nascita, ha anche avuto la sfortuna di soffrire ed essere in pericolo di vita per una anomalia cardiaca, la tetralogia di Fallot, in un paese come il Malawi in cui non esiste nemmeno un cardiologo.
Sento ancora, come fosse ora, quella sensazione di forte malessere provata di fronte alla richiesta di Rita di accompagnare in Italia la piccola Agness cosi' che al Gaslini di Genova potesse essere operata; il primo impulso era stato quello di rifiutare subito un tale compito dato che bruciava ancora ( e brucia tutt'ora ) la ferita lasciatami da Mussa, un ragazzino malawiano di 12 anni che, qualche anno prima, per un grave problema cardiaco, avevo portato per ben 3 volte sino in Kenya perchè fosse operato da un equipe inglese di cardiochirurghi : l'intervento era andato bene ma, come si suol dire, il paziente era morto. Le giornate di disperazione vissute in solitudine nella rianimazione dell'ospedale Mother di Nairobi, dove Mussa lottava fra la vita e la morte, cosi' come il ritorno a Chiumbangame, villaggio di Mussa, non con lui ma con la bara contenente la sua salma, sono immagini che mai più riuscirò a cancellare e che mi accompagneranno per tutta la vita; da qui la promessa fatta a me stessa di mai piu' assumermi in futuro una tale responsabilità. Ciononostante di fronte a me c'erano una bimba di pochi mesi che faticava a respirare e...Rita che, in quel periodo, mi stava aiutando ospitandomi nella sua casa dei volontari... : pertanto, con in braccio Agness che invece dei suoi 9 mesi ne dimostrava 3, mi sono ritrovata sull'aereo con un misto di agitazione e paura..., sentimenti che hanno raggiunto il culmine quando, in Etiopia, non ci e' stato consentito proseguire il viaggio per l'Italia a causa del mancato visto.
Ricordo molto bene il sorriso luminoso che Agness mi aveva regalato quando, sfinita dalla stanchezza, l'avevo finalmente appoggiata su quel grande e sciccoso letto matrimoniale dell'albergo di Addis Abeba, in attesa del volo che il mattino seguente ci avrebbe rimpatriato in Malawi.
Ricordo altrettanto bene lo stress di quella settimana di viaggi Namwera-Lilongwe Lilongwe-Namwera, con l'intento di ottenere il piu' presto possibile quel benedetto visto senza il quale Agness mai avrebbe potuto entrare in Italia : in quel frangente mi avevano particolarmente impressionata la tenacia, la perseveranza, la resistenza, la forza di volonta' dimostrate da Rita, disposta davvero ad ogni sacrificio per il bene di quella bimba; e poi...rieccoci di nuovo sull'aereo, questa volta con tutti i documenti in regola... 
La piccola, con la sua storia, aveva in poco tempo fatto innamorare di se' il mondo intero : tantissime infatti le persone desiderose di conoscerla e tante quelle che si sono prodigate ad aiutarla nei modi piu' diversi.
La convivenza con Aghi al Gaslini e' stata un'esperienza che mai dimenticherò: per la prima volta in vita mia il mondo era chiuso in una stanza e per di più d'ospedale...(benché per renderla più accogliente l'avessi arredata con le foto della vita del Malawi...). Per 3 mesi nella testa e nel cuore non c'e' stato spazio per nessuno e niente altro..., tutto era in funzione di quell'esserino per il quale, fra l'altro, ero diventata l'unico riferimento : i suoi occhi mi seguivano senza perdermi di vista un solo istante...ed io che in un tale contesto pensavo sarei "soffocata" mi ci trovavo invece a mio agio.
La sintonia ed il profondo legame creatisi fra me ed Agness sono stati poi arricchiti dalla stupenda presenza di Barbara ed Alessandro che, dal momento in cui sono entrati nelle nostre vite, non ci hanno più abbandonate; sono loro che quotidianamente ci facevano visita in ospedale, loro che ci avevano ospitato nella loro casa dopo le ultime dimissioni, loro che hanno saputo essermi accanto quando, poco dopo il primo intervento, Agness ha dovuto essere rioperata d'urgenza per la seconda volta a causa di una grave infezione.
Quei giorni sono stati in assoluto i più duri... : la mia testa sembrava non funzionare più, le lacrime continuavano ad uscire senza sosta e davanti ai miei occhi scorrevano in continuo e si mischiavano le immagini della rianimazione di Nairobi e quelle della camera operatoria del Gaslini, riaperta d'urgenza, nel primo pomeriggio, apposta per Agness.
Il livello di disperazione raggiunto in quelle giornate rimarrà un'intima confidenza fra me e...il mare di Genova.
Hanno curato la mia disperazione il tepore famigliare respirato nella " casa dell'albero" (cosi' mi piace chiamare la casa di Barbara ed Alessandro) e le tantissime persone che ogni giorno hanno saputo essermi accanto con le giuste parole ed i giusti silenzi, con telefonate, visite, scritti...
Passata la "bufera"  i 2 genovesi hanno continuato ad essere famiglia seguendoci sempre con affetto ed amicizia sinceri finché piano piano, in modo naturale e spontaneo, si e' fatto strada il sogno di donare ad Agness una famiglia autentica e reale a tutti gli effetti : consapevoli delle tante difficoltà che avrebbero dovuto affrontare, Barbara ed Alessandro hanno cosi' iniziato un percorso non facile per l'adozione..., un percorso fatto di prove, tensioni, attese snervanti, che si e' finalmente concluso con l'abbraccio avvolgente che oggi hanno potuto dare alla loro "principessa nera"...
E il miracolo dell'amore continua...prova ne e' la gioia contagiosa che tale notizia ha regalato alle tante persone che in misura diversa si sono lasciate coinvolgere in questa vicenda.
A volte i miracoli esistono, a volte le favole diventano realtà, a volte, come dice Assunta, e'  necessario rieducare la nostra mente ed il nostro sguardo a mantenere l'attenzione sulla BELLEZZA che ci circonda e di cui ogni essere umano e' parte integrante e riempire le nostre cellule della sensazione/emozione che tale bellezza riesce a procurarci.
Zikomo kwambiri Agness! Zikomo Barbara ed Alessandro! E... Zikomo alla vita...!

giovedì 27 novembre 2014

... povero Malawi



La giornata di ieri 04/11 all'ospedale di Mangochi mi ha messo K.o...

Una folla esagerata riempiva il buio corridoio degli ambulatori dell'ospedale governativo distrettuale di Mangochi : chi in piedi, appoggiato alle pareti, chi seduto sulle panchine, chi sdraiato sul pavimento, tutti in condizioni di criticita'... , molti quelli che per l'estrema debolezza dei corpi ed il caldo soffocante faticavano a respirare e poi svenivano; uno solo il medico designato a visitarli tutti : un ragazzino giovane per eta' ed esperienza, che cercava di arrabattarsi e sopravvivere in mezzo a tante richieste di assistenza e cura. Riuscire a varcare la soglia dell'ambulatorio n.4 era un'impresa alquanto ardua, difficile infatti farsi strada fra tanti corpi ammassati, privi di forza, altrettanto difficile non lasciarsi travolgere dalla prepotenza di coloro che senza troppi riguardi, spingevano con forza i loro famigliari malati verso la porta quasi a volerla sbattere giù.
Quando le persone arrivano allo stremo delle proprie forze, in alcune predomina la completa rassegnazione, una sorta di passiva accettazione di tutto ciò che può accadere, buono o cattivo che sia, in altre sembrano esplodere una rabbia ed una ribellione mai conosciute prima e tali da far dimenticare ogni forma di rispetto e considerazione per l'altro.
Cosi' quel corridoio, al quale ormai da tempo mi sono abituata, ha assunto ieri l'aspetto di un girone dantesco... : la sofferenza di tanta gente pareva raddoppiata dalla povertà dei mezzi (2 carrozzine in tutto l'ospedale costringevano a vere e proprie competizioni fra i malati per chi, essendo in più gravi condizioni, acquistasse il diritto di utilizzarle) e dall'oscurità del luogo (che rendeva impossibile riconoscere e distinguere le persone le une dalle altre, inglobandole invece tutte in un'unica massa anonima di dolore e miseria).
Kaunda tachicardico e dispnoico aveva conquistato il suo diritto alla sedia a rotelle ed io mi ritrovavo a spingerlo con fatica sia perchè le ruote erano 2 semplici cerchi di ferro (senza più gomma) sia perchè un lato della stessa era rotto e tenuto insieme in qualche modo da due corde; il posto riservato a sostenere i piedi del paziente non esisteva più cosi' che, per spostarsi da un luogo all'altro, Kaunda era costretto a tenere sollevati gambe e piedi con non poco sforzo e fatica...
Sono trascorsi 3 giorni..., Kaunda e' stato ricoverato e andare a trovarlo oggi e' stata una pena : la fatica del suo respiro mi ha ricordato Florence con i suoi occhi sbarrati,affamati d'aria...
Per Kaunda tutto e' diventato fatica : mantenere la posizione seduta o eretta o sdraiata, parlare, bere o mangiare, persino mantenere l'attenzione e dare ascolto o rispondere ad un qualsiasi stimolo; anche l'espressione del suo viso e' diventata neutra, senza colore, senza tono, come se se ne fosse già andato e avesse lasciato su quel letto d'ospedale solo il suo corpo in qualità di vuoto contenitore...
Mi guardo intorno e lo spettacolo di tutto quanto il reparto maschile e' a dir poco desolante... : una quarantina di letti sgangherati ed arrugginiti attaccati gli uni agli altri, con materassi rotti e sporchi, senza lenzuola...
Il bagno del reparto, fuori servizio da qualche mese, costringe i pazienti ad uscire dall'ospedale per i propri bisogni e, non essendoci carrozzine disponibili, sono i parenti a doverli trasportare sulle loro schiene come fossero bambini.
Oggi e' venerdì e da martedì (giorno del ricovero) Kaunda non e' ancora stato visitato e nessun medico si e' preoccupato nemmeno di guardare la radiografia del torace fatta martedì che, visto le grandi dimensioni del cuore, giustificava il ricovero...
L'ematemesi( episodio di vomito con sangue) della notte non ha suscitato nessuna reazione o presa in carico da parte del personale che si e' limitato a demandare ai medici del mattino seguente il compito di pensarci...
Capisco ogni volta di più come qui la gente sia sfiduciata nei confronti delle strutture sanitarie ospedaliere e poco disposta ad abbandonare l'abitudine di ricorrere al guaritore tradizionale (singanga).
Come lo stesso Kaunda aveva previsto la morte e' arrivata a prenderlo la notte fra venerdì e sabato : ad avvisarmi verso le 2 di notte la telefonata della moglie in lacrime...Ciao Kaunda, come uomo e come membro del gruppo Tiyende Pamodzi sei stato esempio per tanti...

Madalitso...



Madalitso in lingua chichewa significa benedizioni: nei momenti in cui, per diversi motivi, sento difficile o pesante il cammino scelto, soprattutto quando prevale il senso di..."lotta contro i mulini a vento"... , e' proprio allora che le benedizioni piovono dal cielo come gocce di rugiada su un terreno arido e non si può che esserne riconoscenti e rasserenati...

Lo scehe musulmano del villaggio di Mdoka, mai visto prima di oggi, incontrato per caso all'ufficio postale, dopo avermi dato il saluto, mi porge la mano ringraziandomi per il lavoro che con il gruppo sto portando avanti nell'assistenza ai malati dei villaggi; Battista, un volontario italiano che da piu' di 16 anni viene regolarmente (una o due volte all'anno) in Malawi per lavorare gratuitamente in varie missioni, mi racconta la fortuna che gli e' capitata nella vita : una famiglia più che mai unita, di cui va orgoglioso, fortuna per la quale sente di dover ringraziare mettendosi a disposizione e a servizio di quanti sono nel bisogno; Laura Pierino, infaticabile volontaria da anni in Mozambico, mi scrive una mail grazie alla quale le distanze sembrano annullate ed il senso di "solitudine" che mi stava invadendo sparito... ; Lidia Matsudi del villaggio di Mpamanda, dopo 2 mesi di ricovero in un ospedale missionario privato, dal quale non pensavo uscisse viva, sta cantando mentre le faccio la medicazione alla gamba : non che non senta male, lo so, ma...la sua riconoscenza gioiosa per la vita ritrovata ha la meglio e vince anche il dolore.
Sandra che in India continua a mandare avanti il suo Shelter, la sua famiglia fatta di 21 bambini, ha ripreso da poco la chemioterapia : uno shock, un tracollo, uno sconforto grande e......non preventivato..., eppure ritrova la grinta e l'energia che la caratterizzano e continua a "camminare" senza peraltro dimenticare i tanti compagni di viaggio ed i loro problemi... ; Sonia, coraggiosa "guerriera del quotidiano..." sta conquistando un prezioso equilibrio..., sta imparando l'arte di rimanere in piedi e continuare il cammino grazie ad uno sguardo dai larghi orizzonti..., sa mantenere i piedi per terra e al tempo stesso tiene gli occhi dell'anima verso il cielo; la mamma di Florence ogni tanto viene a trovarmi la sera a casa, ed insieme ricordiamo la figlia e l'amica ; mi ha lasciato da ascoltare 2 cd di canzoni che Florence amava cantare quando arrivava da me per la quotidiana medicazione serale : tutto, musica e parole sono un inno ed un ringraziamento alla vita; ascoltandoli e' come fosse ancora qui...
Magret Mbwana del villaggio di Chiutula stento a riconoscerla : una settimana fa allettata e gonfia come un pallone, nonostante sia magrissima, il suo piccolo di un mese le dormiva accanto ; entrambi in terapia antiretrovirale, Magret, non so come, sopravviveva nonostante il suo 2 di emoglobina, ora, dopo essere stata trasfusa, cammina e dell'edema non vi e' più traccia, tanto che mi pare un'altra persona.
Anna, AMICA per eccellenza, sa farmi ridere anche quando la voglia e' poca, sa ascoltare anche i silenzi, sa sdrammatizzare ed essere vicina anche quando i chilometri che ci separano sono tanti, Anna per fortuna NON cambia...e' il mio riferimento stabile...
I colori della sera sono fantastici quando, ancora sul pick up, riesco a vedere da un lato il sole che tramonta e al medesimo tempo, dall'altra parte, la luna che fa capolino, sento una gioia profonda che trabocca..., il grazie esce spontaneo non solo con le parole ma con tutta me stessa...; la luce in quei momenti ricopre tutto di una magia speciale..., come se d'improvviso, tutto si fermasse per riservare il dovuto spazio ed il dovuto rispetto allo spettacolo che la natura sa regalarci quotidianamente, spettacolo di fronte al quale diventiamo semplici ed incantati spettatori, piccoli,  piccoli, piccoli... : difficoltà, discussioni, fraintendimenti, delusioni, dispiaceri sembrano appartenere
ad altri tempi, ad altri pianeti, a regnare sovrano ora e' il miracolo della sera, di quel sole che saluta e cede il posto alla luce della luna perché la notte non sia troppo nera...
E questa bellezza che domina su tutto ci ricorda che di bellezza si vive...

venerdì 19 settembre 2014

Non viaggio mai sola



25 gennaio 2014 è una data che voglio ricordare e mi piace poterlo fare condividendo con le persone che amo...

In questo giorno, sempre di 24 ore ,c'è stato tutto quello che può aiutare a stare bene..., a "sentire"  la vita..., a ricordarci di essere grati e "felici dentro" per il solo fatto di esserci e di non essere soli...
Un'alba di pioggia...,una pioggia fitta fitta che sui tetti di lamiera diventa musica e ti fa sentire piccola piccola in mezzo ad un'immenso universo di colore e profumo di buono... : è un gennaio che con il suo sole cocente e le sue acque abbondanti dipinge paesaggi da fiaba e regala la speranza di un buon raccolto a chi, come succede in Malawi, riesce a vivere di mais...L'aroma del caffè di Teresa non fa che confermare che non è poi così male alzarsi all'alba in mezzo ad un semidiluvio... Rimandiamo le chiacchiere alla sera perchè voglio essere alla hall in orario per la cerimonia musulmana con la quale il gruppo ogni anno ricorda nella preghiera tutti coloro che ci hanno lasciato nell'anno precedente. Lo stesso è avvenuto sabato scorso con una messa cattolica.  Il sentiero che percorro per arrivare a destinazione si snoda fra campi di mais e boschi di eucalipti e, tutti i giorni tranne il sabato e la domenica,mi incanto davanti alle centinaia di bambini che mano nella mano , chi in divisa e chi vestito di semplici indumenti mezzi strappati ma puliti, si incamminano verso la scuola; in una mano una zappa che useranno per lavorare il campo della scuola e nell'altra una scopa fatta di rami secchi con la quale, a turno,tengono pulita la scuola (cortile e classi benché in realtà le lezioni si svolgano sempre fuori sotto l'ombra e la protezione di splendidi alberi di mango con l'unica eccezione di pogge violente, le sole che costringono bambini ed insegnanti a trovare rifugio fra le pareti buie e tetre delle aule in muratura).  Appeso al collo con un filo di lana un sacchetto di plastica che una volta conteneva lo zucchero è diventato cartella...oggi non ci sono cento saluti a cui rispondere  ne risate contagiose...ma mi godo questa anomala tranquillità che mi ricorda la fine di un'altra settimana....Come sempre accade, una volta arrivata sul posto di lavoro(?!?) ,tutto si muove a rilento, senza fretta...senza alcun tipo di tensione o agitazione per preparativi ed organizzazione della giornata... Non faccio nemmeno in tempo ad appoggiare la borsa sulla sedia che la solita folla di gente bisognosa di medicine introvabili negli ospedali ha già preso posto nell'ufficio : pur sapendo che il programma del giorno dovrebbe essere un altro...mi arrendo e visito le persone arrivate li chissà da che ora e che sicuramente non si preoccupano del nome da dare al giorno della settimana...(che sia sabato, domenica o il primo dell'anno non fa differenza...quando in ballo c'è un corpo che non ha più la forza di lavorare il campo e quindi di mantenersi in vita...). L'intento è quello di "fare in fretta" per lasciare il posto allo scehe musulmano e permettere l'inizio delle preghiere. In realtà le cose vanno come devono andare...e io trascorro le prime 2 ore a visitare i malati e solo dopo, come per magia,tutti gli ingredienti necessari compaiono permettendo così di dare il via alla commemorazione dei defunti. Su una grande stuoia siedono gli uomini e all'altro lato della stanza, a terra ,siedono le donne. Mi piace constatare che sia lo scorso sabato sia oggi la partecipazione sia stata sentita e vissuta con il giusto rispetto senza dare alcuna importanza alla propria religione di appartenenza, quanto piuttosto con il solo scopo di mantenere in vita i propri cari ormai defunti con il ricordo e la preghiera... Mi fa sempre un certo effetto quando tante persone si riuniscono e pregano INSIEME un Dio... , riconoscendosi piccoli e limitati, diversi eppure eguali perché tutti in cammino verso la medesima meta... Le preghiere arabe che si ripetono una dietro l'altra senza quasi far prendere fiato, cantate come una sorta di cantilena, mi portano indietro nel tempo...nell'india del 1998 con i suoi volti, i suoi nomi...E così mentre vengono letti ad uno ad uno i nomi di coloro che nello scorso 2013 ci hanno lasciato, il mio pensiero corre lontano e automaticamente si aggiungono alla lista tanti altri nomi che continuano ad occupare un posto importante nel mio cuore e nella mia vita... E' scappata qualche lacrima ma fortunatamente nessuno se ne è accorto... Ricordare le tante persone che hanno reso ricca la mia vita mi fa sentire tanto fortunata e grata... Terminata la funzione il gruppo si disperde per dividersi i compiti... : chi accende il fuoco, chi pulisce la verdura, chi cuoce il riso, chi intrattiene gli scehe, tenendogli compagnia fino all'arrivo del cibo. Io preparo lo zaino delle medicazioni che mi servirà domani e intanto osservo compiaciuta ed orgogliosa il viavai di personaggi e di attività. Mi è sempre piaciuto ritrovarmi seduta per terra a condividere del cibo..., è come se percepissi la giusta misura da dare ad eventi e persone... , il giusto valore... Anche il dopo pranzo con riordino e pulizia dei vari servizi di stoviglie in pura plastica (rigorosamente verde speranza come il nostro pick up...!!!) procede senza intoppi e, incredibile ma vero, all'una si è pronti per andare a visitare i detenuti malati di aids delle carceri di Mangochi. Sul cassone del pick up trovano posto 12 donne, membri di tiyende pamodzi, 50 kg di riso, 50 kg di fagioli e 21 sacchetti di plastica nera che contengono ognuno olio, sale, zucchero, spazzolino e dentifricio, sapone e vaselina destinati a ciascuno dei detenuti in terapia antiretrovirale.  Alla guida del traballante veicolo Emanuel e, sedute accanto a lui ci siamo Cecilia Jafali ed io. Cecilia è una donna che non arriva ai 30 anni,da circa 6 anni in terapia anti retrovirale. Gli anni scorsi ha ricevuto non so quante sacche di sangue e tutt'ora continua ad assumere una terapia orale a base di ferro ed acido folico per tenere i suoi livelli di emoglobina a livelli accettabili.Prima completamente paralizzata dalla vita in giù, ora riesce a mantenere la stazione eretta e a deambulare sorretta da un bastone. Cecilia è timida, piuttosto silenziosa...è cristiana e così assecondiamo il suo desiderio di partecipare alla messa domenicale andandola a prendere a casa ogni domenica per portarla in chiesa e queste, oltre ai 2 sabati al mese che la vedono partecipare alle riunioni di Tiyende Pamodzi, sono le sue uniche "fughe da casa"... : ecco perché ha accolto con entusiasmo la proposta di andare a Mangochi anche se non per godersi lo spettacolo del lago ma per far visita a dei detenuti. I 50 minuti di viaggio per raggiungere Mangochi sono stati uno spasso perché le 12 donne nel cassone si sono scatenate in canti e danze e non ho potuto non emozionarmi davanti alla loro gioia che sa trascinare e che pare saper cancellare le sofferenze e le fatiche della settimana... Fra loro Joyce è quella che lo scorso 2013 ne ha passate di tutti i colori..., più volte sul punto di lasciarci le penne...eppure sempre pronta a "combattere"per restare attaccata alla vita... Oggi è lei che intona i canti, batte le mani e ride con risate cristalline e...contagiose... A Mangochi si toccano i 40 gradi in questa stagione eppure queste donne, vere e proprie forze della natura, sono state capaci di farmi venire la pelle d'oca, non solo per il loro entusiasmo e la loro vitalità ma anche per l'abilità con la quale tutte si sono messe in gioco condividendo con i detenuti,senza vergogna ne paura, le loro esperienze di vita e di malattia ed incoraggiando gli stessi carcerati a fare lo stesso. Anche Emanuel mi ha commosso con le sue parole ai detenuti..., lui, sempre schivo e per nulla abituato a parlare davanti ad un pubblico, ha toccato le corde giuste con grandi delicatezza e rispetto. E' stato lui a "rompere il ghiaccio" e lui a concludere, ribadendo il significato e l'importanza di un tale tipo di
condivisione. Anche radio maria ha preso parte all'iniziativa intervistando sia i membri del gruppo che i detenuti. Per me sentire ognuno di loro ricordare e raccontare il loro vissuto è sempre una grande ricchezza e mi da la possibilità di rendermi conto dei grandi cambiamenti che la malattia ma soprattutto l'esperienza del gruppo hanno saputo portare nelle loro vite. Anche il ritorno a Namwera è stato un susseguirsi di canti e risate, come se  ospedali, medicine, fame appartenessero alle vite di altri...Il sole caldissimo del primo pomeriggio che ci ha accompagnato a Mangochi ha lasciato il posto ad una pioggia scrosciante nel ritorno verso casa e, dulcis in fundo, 2 stupendi arcobaleni hanno degnamente concluso questo 25 gennaio 2014. Mancavate voi... ma forse anche no..., c'eravate tutti...perché non "viaggio" mai da sola...e per questo a voi tutti il mio ZIKOMO KWAMBIRI! Marina