venerdì 19 settembre 2014

Non viaggio mai sola



25 gennaio 2014 è una data che voglio ricordare e mi piace poterlo fare condividendo con le persone che amo...

In questo giorno, sempre di 24 ore ,c'è stato tutto quello che può aiutare a stare bene..., a "sentire"  la vita..., a ricordarci di essere grati e "felici dentro" per il solo fatto di esserci e di non essere soli...
Un'alba di pioggia...,una pioggia fitta fitta che sui tetti di lamiera diventa musica e ti fa sentire piccola piccola in mezzo ad un'immenso universo di colore e profumo di buono... : è un gennaio che con il suo sole cocente e le sue acque abbondanti dipinge paesaggi da fiaba e regala la speranza di un buon raccolto a chi, come succede in Malawi, riesce a vivere di mais...L'aroma del caffè di Teresa non fa che confermare che non è poi così male alzarsi all'alba in mezzo ad un semidiluvio... Rimandiamo le chiacchiere alla sera perchè voglio essere alla hall in orario per la cerimonia musulmana con la quale il gruppo ogni anno ricorda nella preghiera tutti coloro che ci hanno lasciato nell'anno precedente. Lo stesso è avvenuto sabato scorso con una messa cattolica.  Il sentiero che percorro per arrivare a destinazione si snoda fra campi di mais e boschi di eucalipti e, tutti i giorni tranne il sabato e la domenica,mi incanto davanti alle centinaia di bambini che mano nella mano , chi in divisa e chi vestito di semplici indumenti mezzi strappati ma puliti, si incamminano verso la scuola; in una mano una zappa che useranno per lavorare il campo della scuola e nell'altra una scopa fatta di rami secchi con la quale, a turno,tengono pulita la scuola (cortile e classi benché in realtà le lezioni si svolgano sempre fuori sotto l'ombra e la protezione di splendidi alberi di mango con l'unica eccezione di pogge violente, le sole che costringono bambini ed insegnanti a trovare rifugio fra le pareti buie e tetre delle aule in muratura).  Appeso al collo con un filo di lana un sacchetto di plastica che una volta conteneva lo zucchero è diventato cartella...oggi non ci sono cento saluti a cui rispondere  ne risate contagiose...ma mi godo questa anomala tranquillità che mi ricorda la fine di un'altra settimana....Come sempre accade, una volta arrivata sul posto di lavoro(?!?) ,tutto si muove a rilento, senza fretta...senza alcun tipo di tensione o agitazione per preparativi ed organizzazione della giornata... Non faccio nemmeno in tempo ad appoggiare la borsa sulla sedia che la solita folla di gente bisognosa di medicine introvabili negli ospedali ha già preso posto nell'ufficio : pur sapendo che il programma del giorno dovrebbe essere un altro...mi arrendo e visito le persone arrivate li chissà da che ora e che sicuramente non si preoccupano del nome da dare al giorno della settimana...(che sia sabato, domenica o il primo dell'anno non fa differenza...quando in ballo c'è un corpo che non ha più la forza di lavorare il campo e quindi di mantenersi in vita...). L'intento è quello di "fare in fretta" per lasciare il posto allo scehe musulmano e permettere l'inizio delle preghiere. In realtà le cose vanno come devono andare...e io trascorro le prime 2 ore a visitare i malati e solo dopo, come per magia,tutti gli ingredienti necessari compaiono permettendo così di dare il via alla commemorazione dei defunti. Su una grande stuoia siedono gli uomini e all'altro lato della stanza, a terra ,siedono le donne. Mi piace constatare che sia lo scorso sabato sia oggi la partecipazione sia stata sentita e vissuta con il giusto rispetto senza dare alcuna importanza alla propria religione di appartenenza, quanto piuttosto con il solo scopo di mantenere in vita i propri cari ormai defunti con il ricordo e la preghiera... Mi fa sempre un certo effetto quando tante persone si riuniscono e pregano INSIEME un Dio... , riconoscendosi piccoli e limitati, diversi eppure eguali perché tutti in cammino verso la medesima meta... Le preghiere arabe che si ripetono una dietro l'altra senza quasi far prendere fiato, cantate come una sorta di cantilena, mi portano indietro nel tempo...nell'india del 1998 con i suoi volti, i suoi nomi...E così mentre vengono letti ad uno ad uno i nomi di coloro che nello scorso 2013 ci hanno lasciato, il mio pensiero corre lontano e automaticamente si aggiungono alla lista tanti altri nomi che continuano ad occupare un posto importante nel mio cuore e nella mia vita... E' scappata qualche lacrima ma fortunatamente nessuno se ne è accorto... Ricordare le tante persone che hanno reso ricca la mia vita mi fa sentire tanto fortunata e grata... Terminata la funzione il gruppo si disperde per dividersi i compiti... : chi accende il fuoco, chi pulisce la verdura, chi cuoce il riso, chi intrattiene gli scehe, tenendogli compagnia fino all'arrivo del cibo. Io preparo lo zaino delle medicazioni che mi servirà domani e intanto osservo compiaciuta ed orgogliosa il viavai di personaggi e di attività. Mi è sempre piaciuto ritrovarmi seduta per terra a condividere del cibo..., è come se percepissi la giusta misura da dare ad eventi e persone... , il giusto valore... Anche il dopo pranzo con riordino e pulizia dei vari servizi di stoviglie in pura plastica (rigorosamente verde speranza come il nostro pick up...!!!) procede senza intoppi e, incredibile ma vero, all'una si è pronti per andare a visitare i detenuti malati di aids delle carceri di Mangochi. Sul cassone del pick up trovano posto 12 donne, membri di tiyende pamodzi, 50 kg di riso, 50 kg di fagioli e 21 sacchetti di plastica nera che contengono ognuno olio, sale, zucchero, spazzolino e dentifricio, sapone e vaselina destinati a ciascuno dei detenuti in terapia antiretrovirale.  Alla guida del traballante veicolo Emanuel e, sedute accanto a lui ci siamo Cecilia Jafali ed io. Cecilia è una donna che non arriva ai 30 anni,da circa 6 anni in terapia anti retrovirale. Gli anni scorsi ha ricevuto non so quante sacche di sangue e tutt'ora continua ad assumere una terapia orale a base di ferro ed acido folico per tenere i suoi livelli di emoglobina a livelli accettabili.Prima completamente paralizzata dalla vita in giù, ora riesce a mantenere la stazione eretta e a deambulare sorretta da un bastone. Cecilia è timida, piuttosto silenziosa...è cristiana e così assecondiamo il suo desiderio di partecipare alla messa domenicale andandola a prendere a casa ogni domenica per portarla in chiesa e queste, oltre ai 2 sabati al mese che la vedono partecipare alle riunioni di Tiyende Pamodzi, sono le sue uniche "fughe da casa"... : ecco perché ha accolto con entusiasmo la proposta di andare a Mangochi anche se non per godersi lo spettacolo del lago ma per far visita a dei detenuti. I 50 minuti di viaggio per raggiungere Mangochi sono stati uno spasso perché le 12 donne nel cassone si sono scatenate in canti e danze e non ho potuto non emozionarmi davanti alla loro gioia che sa trascinare e che pare saper cancellare le sofferenze e le fatiche della settimana... Fra loro Joyce è quella che lo scorso 2013 ne ha passate di tutti i colori..., più volte sul punto di lasciarci le penne...eppure sempre pronta a "combattere"per restare attaccata alla vita... Oggi è lei che intona i canti, batte le mani e ride con risate cristalline e...contagiose... A Mangochi si toccano i 40 gradi in questa stagione eppure queste donne, vere e proprie forze della natura, sono state capaci di farmi venire la pelle d'oca, non solo per il loro entusiasmo e la loro vitalità ma anche per l'abilità con la quale tutte si sono messe in gioco condividendo con i detenuti,senza vergogna ne paura, le loro esperienze di vita e di malattia ed incoraggiando gli stessi carcerati a fare lo stesso. Anche Emanuel mi ha commosso con le sue parole ai detenuti..., lui, sempre schivo e per nulla abituato a parlare davanti ad un pubblico, ha toccato le corde giuste con grandi delicatezza e rispetto. E' stato lui a "rompere il ghiaccio" e lui a concludere, ribadendo il significato e l'importanza di un tale tipo di
condivisione. Anche radio maria ha preso parte all'iniziativa intervistando sia i membri del gruppo che i detenuti. Per me sentire ognuno di loro ricordare e raccontare il loro vissuto è sempre una grande ricchezza e mi da la possibilità di rendermi conto dei grandi cambiamenti che la malattia ma soprattutto l'esperienza del gruppo hanno saputo portare nelle loro vite. Anche il ritorno a Namwera è stato un susseguirsi di canti e risate, come se  ospedali, medicine, fame appartenessero alle vite di altri...Il sole caldissimo del primo pomeriggio che ci ha accompagnato a Mangochi ha lasciato il posto ad una pioggia scrosciante nel ritorno verso casa e, dulcis in fundo, 2 stupendi arcobaleni hanno degnamente concluso questo 25 gennaio 2014. Mancavate voi... ma forse anche no..., c'eravate tutti...perché non "viaggio" mai da sola...e per questo a voi tutti il mio ZIKOMO KWAMBIRI! Marina

Florence


Cara Florence,                   

         te ne sei andata ma per fortuna non mi hai lasciata...Oggi, giorno del tuo funerale che si e' tenuto a Blantyre dove sei nata,lontano dal villaggio dove hai vissuto i tuoi ultimi mesi,ti sento accanto a me e te ne sono grata. Devo a te, Florence, il mio rimanere in Malawi di questo mese e mezzo piuttosto burrascoso, che ha caratterizzato il mio ritorno a Namwera. Devo a te il mio guardare oltre... trascurando delusioni, dispiaceri e dolori arrivati l'uno dopo l'altro senza tregua. Devo a te il mio prendere in mano carta e penna di questa sera,dopo quasi 2 mesi di tentativi a vuoto, non so se per nervosismo e tensione o per timore di..."passare 2 volte per lo stesso fiume..." ( come se scrivere non fosse piu' una valvola di sfogo quanto piuttosto un modo per affondare maggiormente il coltello nella piaga...). 
Il nostro appuntamento quotidiano serale per la medicazione di quella piaga che ti deturpava il viso,senza tuttavia toglierne la bellezza,e' stato per me un'iniezione di energia, una scuola di vita che sara' difficile dimenticare. 
Per me sei stata l'Africa che amo, quella del colore, del canto, della danza, quella che invece in questi 2 mesi non riuscivo piu' a trovare...
Il tuo saper gioire anche nella fatica e nella sofferenza e' cio' che voglio continuare a custodire nel mio cuore per poterne fare buon uso ogni qual volta diventa grande il rischio di lasciarsi sopraffare dalle ferite e dalle difficolta' che la vita ci riserva.
Da quando ti sei accorta che il mio sguardo si faceva cupo e triste quando le neducine per lenire il tuo dolore sembravano essere inefficaci, sei sempre entrata nel mio soggiorno, adibito a sala medicazioni, sorridendo, a volte persino ballando e cantando...
Il poco tempo condiviso e' stato ricco,intenso, pieno...
Sino alla fine sei stata degna rappresentante della tribu' degli angoni a cui appartenevi : una vera guerriera nonostante le tue dimensioni da bambina ed il candore del tuo sguardo e del tuo sorriso.
Mentre con attenzione e cautela premevo quella massa voluminosa che occupava la parte anteriore destra del collo fino quadi a raggiungere le labbra, nel tentativo di far fuoriuscire un po' del pus maleodorante che non ti dava pace, mi raccontavi dei tuoi 30 anni ricchi di vita e di fatiche... : 3 figli, una vedovanza precoce che ti ha lasciato in eredita' il virus dell' hiv, una storia di abbandono della terapia antiretrovirale e poi il tuo calvario negli ospedali cittadini nel tentativo di capire la natura di quella voluminosa formazione a cavolfiore che si e' impadronita del tuo collo e che si e' presentata poi col nome di carcinoma squamoso. Raccontavi con serenita' e pacatezza come se il corpo che descrivevi fosse appartenuto a qualcun altro e mai hai perso quella luce speciale du chi e' VIVO non perche' esiste ma perche' brilla...di vita...
Rimanevo incantata dai tuoi racconti e sarei rimadta ad ascoltarti per ore.
Terminata la medicazione ti riaccompagnavo sull'uscio di casa tua affidandoti al chiasso festoso du bambini, fratelli, sorelle, figli e nipoti pronti a...distrarti dai tuoi mali...
Eri affascinata dalle miriadi di fotografie che tappezzavano le pareti della mia stanza, ti spiegavo che mi tenevano compagnia...e hai subito espresso il desiderio che anche tu trovassi il tuo posto fra loro... Detto fatto... : il clic del telefono magico di Ezio ti ha immortalata e...sei diventata parte della famiglia...
Cara Florence, siamo entrate in punta di piedi l'una nella vita dell'altra e, miracolosamente, ci abbiamo messo radici...
ZIKOMO! GRAZIE!

Agness

Mi impressiona sempre molto constatare come qui la vita possa stare in un...rettangolo di stoffa colorata...

Agness e' una "donna bambina" nata con diverse anormalita'..., difficile fare diagnosi o stabilire una causa ma Agness e' nata..., vive..., c'e'...
Non parla o pronuncia suoni poco comprensibili, cammina, cammina spesso senza una meta e questo alternarsi fra inattivita' e deambulazione e' cio' che caratterizza il suo quotidiano.
Prendersi cura di Agness significa darle della polenta,quando c'e', e provvedere ad indumenti puliti di tanto in tanto...
Agness c'e'..., c'e' ma non ha mai fatto la fila al pozzo o al mulino..., mai e'andata all'alba,con le altre donne di casa, a far legna, mai ha frequentato la scuola.
Agness c'e'... e nel suo peregrinare senza meta e' anche rimasta gravida 2 volte grazie alla follia di qualche cosiddetto "normale"... : l'ultimo nato e' morto la scorsa settimana ad appena un mese di vita, cachettico e pallido piu' di un asungu... (bianco).
Mi trovo davanti alla capanna di Agness : i familiari, dopo non so quante riunioni, hanno finalmente accettato l'idea del ricovero in ospedale dal momento che le terapie orali a base di ferro non sono bastate a correggere l'importante anemia che l'ha gonfiata esageratamente rendendola simile ad un pallone... Come al solito rimango incantata davanti alla serenita'(?), alla tranquilla rassegnazione con la quale in pochi minuti vengono fatti  i bagagli. La stoffa dai vivaci colori con la quale le donne si vestono, che qui' viene chiamata citenge, diventa all'occorrenza una vera e propria valigia, peraltro molto capiente..., nella quale trovano posto una pentola colma di farina, un lungo cucchiaio di legno, una tazza ed un piatto di plastica colorati, del sapone e della legna; un semplice nodo fatto dai lembi di questo rettangolo multicolore fa da serratura e...voila'... la capanna si e' svuotata, il trasloco e'compiuto... Agness viene sollevata di peso da 4 donne e caricata sul cassone del pick up : la guardo, non e'spaventata ne' sorpresa, e' come tutto cio' che la circonda..., e'paesaggio..., natura..., accetta..., riceve..., lascia fare..., c'e'..., esiste...

Jausa Anafi oggi e' la gioia in persona : ride, ride tutta... : viso, occhi, bocca, l'intero corpo che la settimana scorsa era kappa oh ora appartiene ad una persona orgogliosa di riuscire a stare in piedi e desiderosa di riprendere in mano il piu'presto possibile la zappa perche' questa e'la vita : il campo, la terra, il mais, il respiro, la musica, la liberta' di un corpo capace di muoversi, di sudare... , nella danza come nel lavoro...
Qualche settimana fa una dottoressa msungu(bianca) arrivata fresca fresca da Londra per un'esperienza di cooperazione presso l'ospedale di Mangochi cercava di persuadere un giovane dottore malawiano circa l'inutilita' di una tracheotomia per una giovane trentenne sieropositiva affetta da carcinoma, che da qualche ora stava letteralmente annaspando nel tentativo di respirare... : "l'intervento-diceva la dottoressa-non garantirebbe una qualita' di vita tale da giustificarlo..." ; ma il dottore dalla pelle nera manteneva uno sguardo interrogativo... non capendo il significato di quella QUALITA'DI VITA cui la dottoressa msungu si riferiva... : la vita e' anche respiro, sguardi, relazioni e,  se un buco in gola consente tutto cio', la vita e' mantenuta e difesa...

Ascoltavo le parole e i pensieri di entrambi e ricordavo le discussioni che animavano le riunioni d'equipe del lunedi' pomeriggio al "Nespolo", l'hospice in cui lavoravo... : in quel momento non avevo piu' un pensiero mio, come fossi in sintonia con entrambi i pareri e al tempo stesso con nessuno dei due... ; a risolvere la diatriba la cruda realta' costituita dalla totale inadeguatezza della struttura sanitaria e dalla poverta' di mezzi e risorse : "Florence ha finito di soffrire"-direi in Italia...
"Florence ha finito di cantare"-dico qui...