martedì 19 maggio 2015

E' tempo di raccolti



Rieccomi con carta e penna a raccogliere idee e pensieri dopo una settimana di Malawi...
Ieri alla riunione del gruppo, il direttore nel darmi il benvenuto/bentornato, a nome di tutti I membri, ha detto: " Marina e' partita per l'Italia il 13/01 ed e' tornata a casa l'08/05 si, perche' l'Italia e' il posto da cui proviene ma il Malawi e' casa sua".
Mi hanno fatto sorridere ed emozionare queste parole, forse perche' le sento piuttosto vere...
Diventa sempre piu' una "lotta interiore" conciliare una responsabilita' naturale di affetto e dedizione ai genitori con quella altrettanto forte verso luoghi e persone distanti per geografia e cultura dal mondo in cui siamo abituati a muoverci...
Sta di fatto che sono tornata a Namwera e mi sto godendo I piccoli piaceri quotidiani che mi sono mancati in Italia... : le giornate che iniziano e terminano seguendo non le lancette dell' orologio ma semplicemente la luce del sole..., una routine di suoni fatta di risate e urla di bambini, vociare allegro di donne, cinguettio di intonati uccellini e starnazzare di pollame  vario..., di tanto in tanto la campana della chiesa e la preghiera dello scehe' musulmano delineano contorni o mettono cornici a questo quadro che sembra altrimenti senza tempo e senza spazio e costruiscono ponti fra terra e cielo richiamando la gente alla preghiera, una preghiera che qui' prima di essere di richiesta o supplica e' di riconoscenza e gratitudine per cio' che gratuitamente abbiamo ricevuto.
E' tempo di raccolto, la gente e' impegnata nei campi per raccogliere il mais seminato durante I mesi di pioggia, mais che in questo paese decide del futuro e della vita di tante famiglie che non possono contare su nessun altro reddito per sopravvivere.
A differenza di altre zone del Malawi purtroppo severamente penalizzate dalle violente alluvioni dei mesi scorsi, qui a Namwera gran parte dei campi ha dato buoni raccolti e anche la coltivazione di soya portata avanti dal gruppo e' stata proficua, tanto da incoraggiare gli stessi membri a riservare ai piu'  bisognosi e malati dei villaggi quantita' di soya maggiori rispetto a quelle concordate durante la stesura di tale progetto.
Prima di ributtarmi subito nelle visite ai malati dei villaggi mi prendo del tempo per osservare come il gruppo stia lavorando e questa volta a differenza del passato non posso non complimentarmi con l'esecutivo del gruppo per aver saputo instaurare un clima di sereno accordo che ha consentito di raggiungere una certa unita' e quindi di condurre e coordinare al meglio le varie attivita' di assistenza, educazione e lavoro agricolo. Senza sorprese ritrovo il martedi' un pick up stracolmo di malati oncologici diretti all'ospedale distrettuale di Mangochi per ricevere gli analgesici che le cure palliative locali dispongono, con tenerezza riprendo a scrivere sui malconci libretti sanitari della gente dei villaggi ed in particolare degli anziani, I quali li custodiscono quasi come reliquie in sacchetti di plastica che una volta contenevano lo zucchero e che ora cercano di proteggere preziose prescrizioni farmacologiche dalla voracita' dei topi che infestano le capanne. A dire il vero  con mio grande dispiacere ho trovato una abbondanza di topi anche nella hall/ufficio del gruppo e non sono certo stata in silenzio : come al solito, davanti ai topi che corrono in giro, ho dato un po' di spettacolo urlando, scappando e facendo ridere la folla in attesa di ricevere medicinali da una "msungu" (bianca) che ancora non ha imparato a controllare le proprie fobie...
Mercoledi' a Blantyre : ho riassaporato il piacere di essere spettatore dell'alba e del via vai di tanta gente gia' in piena attivita' e gia' sorridente a dispetto dell'ora...
Gli acquisti cittadini sono farmaci, sedie a rotelle, stampelle, deambulatori  materassi, alcuni per la fisioterapia e altri per casi particolari individuati a domicilio, ed un armadio in ferro per la hall visto che quello in legno  e' piuttosto...devastato e ormai divenuto dimora per I topi.
Giovedi' la riunione dell'esecutivo e' partecipata ma, come sempre succede, gli argomenti da discutere sono tanti, troppi e vengono per lo piu' rimandati al prossimo incontro, vista la priorita' della giornata di stabilire l'agenda della riunione del gruppo di sabato.
Venerdi' finalmente mi dedico ai villaggi ed e' come se non me ne fossi mai andata... A farmi risedere sul pick up con il cuore e la pancia sottosopra, gli occhi umidi ed il prurito al naso e' la piccola Veronica, 5 anni e un tumore al cervello. Non so se a sconvolgermi di piu' e' la compostezza di questa bimba che fino ad un mese fa aveva una vita pressoche' normale e ora non vede, parla a fatica, non cammina e non sa piu' nemmeno stare seduta, o la spropositata naturalezza dei suoi giovani genitori che mi raccontano con semplicita' disarmante ed inspiegabile calma I giorni trascorsi all'ospedale cittadino di Blantyre dove medici esperti ed "asungu" avevano rimosso l'acqua dalla testa della loro bambina e li avevano poi informati della presenza, nel cervello di Veronica, di una massa tumorale causa di tutti I suoi problemi. Dimessa su richiesta della madre, Veronica e' destinata alle cure palliative che offre il piu' vicino ospedale di Mangochi ( ad un'ora di macchina dal villaggio).
Leggo quanto e' stato scritto sul libretto sanitario e il lieve sorriso della madre si spegne quando le chiedo il perche' abbia voluto fare ritorno a casa cosi' presto pur essendo stata consigliata da tutta l'equipe medica di proseguire per un altro po' la degenza ospedaliera. Abbassa lo sguardo la madre di Veronica, e non risponde... Non insisto...la interrogo invece sulla terapia da somministrare alla figlia e noto che, fortunatamente, risponde con prontezza. Ci ridiamo appuntamento per il giorno seguente ma la separazione e' solo fisica...il pensiero rimane in quella capanna, su quella stuoia...
Uno dei materassi appena acquistati a Blantyre e' per Patuma, una ragazza di quasi 20 anni, idrocefalo dalla nascita e dalla nascita sdraiata su una stuoia in una capanna buia dove oggi giace accanto ad una montagna di pannocchie appena raccolte. Rimango incantata non tanto dalla sua testa enorme quanto dal suo sorriso capace di nascondere la sua evidente anormalita'.
Patuma vede, sente, parla e sorride...ma sta sempre e solo sdraiata a terra, senza nemmeno ritrarsi al passaggio sul suo corpo di pulcini, galline e pollame vario che con lei condivide la stuoia...
Ci saluta appena entriamo ( sono accompagnata da Emmanuel e da uno dei volontari del gruppo).
Inutile chiedersi come sia potuta vivere tanti anni in tali condizioni, inutile domandarsi come sia possibile che mai abbia visto un medico : le domande spesso senza risposta paralizzano e possono diventare alibi al disimpegno e non voglio cadere in questa tentazione. Patuma ha una madre che per guadagnarsi da vivere lavora dal mattino alla sera in qualche piantagione, un padre che avendo abbandonato la moglie si e' dimenticato di averci fatto una figlia e cosi' a Patuma non rimane che trascorrere le sue giornate con gli animali che abitano la sua capanna e con la nonna, una donnina di non piu' di 30 kg. di peso vestiti inclusi, dall'eta' indecifrabile e dalla mente non piu' brillante.
Una bianca con un materasso nuovo di pacca non impiega molto a rendere la capanna luogo affollato...e tra la folla scelgo, per parlarci, una ragazza che mi pare la piu' sveglia...Pur non entrando nei dettagli circa il suo grado di parentela con Patuma, confido nella cosiddetta famiglia allargata tipica dei villaggi africani e mi accordo con lei per cercare una collaborazione con I famigliari di Patuma al fine di rendere meno disagiata la sua vita gia' abbastanza tribolata. Se I famigliari saranno in grado di prendersi cura di Patuma soprattutto in termini di igiene personale e dell'ambiente garantendone per esempio l'igiene quotidiana e provvedendo spazi differenti e separati per gli animali io prometto di aiutarla con supporti alimentari e di farla visitare da un medico che forse potrebbe indirizzarci all'acquisto di una carrozzina in grado di sostenere la testa di Patuma permettendole finalmente di cambiare posizione, uscire dalla capanna ed intrattenere  piu' rapporti sociali di cui peraltro Patuma sembra ghiotta...
Il mio discorso in chichewa viene tradotto in chiyao cosi' da essere sicuri che venga capito da tutti e la piu' raggiante e' proprio lei, Patuma, con la quale ci si da appuntamento per la settimana successiva per verificare l'adempimento delle "reciproche promesse".
Ringrazio il gruppo che mi ha accolta con canzoni di bentornata e rassicuro circa la salute dei miei genitori lasciati in Italia.
Oggi, come ogni domenica, una chiesa in festa danza e canta il suo GRAZIE alla vita : fra I tanti individui  che cantano, battono le mani e ondeggiano il corpo seguendo il ritmo della musica c'e' David, padre della piccola Veronica : lo guardo e scappa una lacrima silenziosa che subito si dilegua nel vivace ritmo dei cori e delle danze...
ZIKOMO MALAWI

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